108-gallon: i paper drop tanks della USAAF

di Alessandro Orseniga
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Equipaggio scarta dei nuovi serbatoi subalari 108 Gallons

L’uso consistente dell’aviazione come strumento bellico è sicuramente una delle caratteristiche principali della Seconda Guerra mondiale, soprattutto sulle lunghe distanze. La necessità di percorrere sempre più chilometri all’interno del continente europeo divenne un elemento cruciale per la Eight Air Force. Tuttavia, i serbatoi di cui i velivoli erano allora provvisti non erano abbastanza capienti: bisognava aggiungerne altri al di fuori dell’aereo.

Questi drop tanks (serbatoi sganciabili) erano però pesanti, costosi in termini di materiale e, soprattutto, dovevano essere abbandonati in caso di pericolo; pieni e intatti. Come creare dunque un contenitore leggero, robusto e poco costoso? Semplice: facciamolo di carta!

I serbatoi sganciabili fanno la loro apparizione

Heinkel He 51 appartenente alla legione condor, munito di serbatoio aggiuntivo da 50 l

Uno Heinkel He51B-1 appartenente alla Legione Condor, come si nota dalla croce dell’Aviazione Legionaria verniciata sul timone di coda. Sotto la fusoliera, si distingue un serbatoio aggiuntivo da 50 litri.

La necessità creare velivoli che potessero compiere distanze sempre maggiori rimase una priorità sin dagli albori dell’aviazione . La soluzione che, a partire dagli anni ’20, si rivelò più promettente, consisteva nell’aumentare la capacità di carburante trasportabile dagli aerei, aggiungendo serbatoi sia all’interno che all’esterno della fusoliera. Quest’ultima soluzione, che divenne poi uno standard durante la Seconda Guerra mondiale fece la sua prima apparizione qualche anno prima, durante la Guerra civile spagnola.

Già allora infatti, la Legione Condor tedesca aveva richiesto l’introduzione di serbatoi aggiuntivi da agganciare ai propri Heinkel He 51B-1. I 210 litri di carburante contenuti nel serbatoio interno alla fusoliera garantivano infatti un’autonomia di 700 km. Sebbene possa sembrare notevole, non sempre risultava sufficiente. Per questa ragione furono adottati dei piccoli serbatoi esterni da 50 litri , attaccati direttamente sotto il ventre degli aerei.

Dato il loro successo, l’impianto di alimentazione del carburante necessario per equipaggiare tali serbatoi divenne uno standard su molti velivoli, primi fra tutti gli Junkers Ju 87, conosciuti come Stuka. La Luftwaffe tuttavia, nonostante ne sia stata la prima utilizzatrice in battaglia, non era di certo l’unica aeronautica ad aver sviluppato questa nuova tecnologia.

L’inizio della guerra

Con l’inizio del conflitto, l’uso di questi serbatoi rimase piuttosto ridotto. Le operazioni di primi mesi di guerra, in particolare nel caso della Blitzkrieg, richiedevano un’autonomia piuttosto ridotta. La necessità di carburante extra semplicemente non esisteva. Tuttavia, durante la Battaglia d’Inghilterra, la situazione cambiò drasticamente.

Bombardieri come gli Heinkel He 111 potevano facilmente raggiungere le coste britanniche avendo carburante sufficiente per tornare indietro. Diversa era invece la condizione dei caccia adibiti alla loro scorta, i Messerschmitt Bf 109. Nella versione E-3, questi aerei possedevano un’autonomia di soli 650 km: lo stretto indispensabile per scortare i bombardieri oltre il canale della Manica e fare ritorno alle proprie basi in Francia. Quest’autonomia non garantiva la flessibilità necessaria ad affrontare voli più lunghi in caso di contatto con il nemico.

Serbatoi aggiuntivi erano stati sperimentati ancor prima dell’invasione della Francia, ma fu solamente con la versione E-7 che il Messerschmitt bf 109 ebbe la possibilità di trasportare un serbatoio aggiuntivo da 300 litri. Questo permise di effettuare voli di 1350 km, più che sufficienti per compiere efficacemente missioni di scorta e combattimento anche al di sopra dell’Inghilterra. La Luftwaffe ovviamente, non fu l’unica aeronautica a munirsi di questi nuovi serbatoi.

drop tanks della USAAF: un inizio in sordina
Generale Henry Harley Arnold

Henry Harley Arnold, detto “Hap”. Pioniere del volo a livello mondiale: disciplina alla quale venne iniziato proprio dai fratelli Wright. Dopo una lunga carriera nell’aeronautica militare, venne nominato Chief of the Air Corps nel 1938. Durante la guerra, rivestì un ruolo fondamentale nell’organizzazione delle USSTAF e in particolare della Eighth Air Force.

Nel 1924 infatti, il Douglas XO-2, un piccolo biplano monomotore, compì un volo sperimentale munito di due serbatoi sub-alari sganciabili, ognuno della capienza di 60 galloni. Era il primo velivolo statunitense munito di drop tanks.

Questo semplice biplano, sebbene munito di un peso extra, riuscì comunque ad ottenere buoni risultati, anche a discapito della maggiore resistenza aerodinamica. Le prestazioni erano positive, e agganciare serbatoi all’esterno della carlinga iniziava ad essere un’idea concretamente attuabile, anche su larga scala.

I voli continuarono, applicando scorte extra di carburante sui Curtiss D-12 e XA-8 sotto forma di serbatoi sganciabili; mentre sui Boeing P-26 e P-36 si tentò di aumentare la capienze delle riserve all’interno della fusoliera. Nel 1939 però, questo sviluppo apparentemente promettente, subì una brusca frenata.

Nel febbraio di quell’anno infatti, la Curtiss-Wright iniziò la sperimentazione di serbatoi sganciabili dalla capienza di 52 galloni (circa 197 litri). Questi sarebbero stati destinati ai P-36C Hawk, i primi caccia moderni in dotazione alla USAAF. Tuttavia, il timore che questi serbatoi, una volta consumato il carburante, potessero prendere fuoco, divenne sempre meno sottovalutato. I vapori di benzina infatti, una volta accumulati in un drop tank vuoto, creavano una perfetta miscela esplosiva, che sarebbe potuta esplodere anche a causa di un singolo proiettile [1].

drop tanks vengono vietati

Inoltre, il Lt. Col. Henry H. Arnold, grande sostenitore dei bombardieri a lungo raggio, sin dal 1931 diede pareri piuttosto scettici riguardo all’uso di questi serbatoi sganciabili sui caccia monomotore. Il Lt. Col. Arnold era infatti dell’idea che l’uso di caccia di scorta fosse del tutto inutile: il grande progresso fatto con lo sviluppo di bombardieri come i B-9, B-12 e B-17, sembrava suggerire che un caccia monomotore non sarebbe mai stato in grado di intercettare tali velivoli, la cui velocità massima, incredibilmente, superava quella della maggior parte dei caccia allora in servizio.

Douglas XO-2: il primo aereo statunitense ad essere equipaggiato con serbatoi sganciabili

Un Douglas O-2, derivante dal prototipo XO-2: il primo velivolo statunitense munito di serbatoi sganciabili, montati al di sotto delle ali inferiori.

Lt. Col. Henry H. Arnold, 1934

The present type pursuit plane does not have sufficient flying range to accompany bombardment to the

objective and return. In addition it would be a partial waste of the pursuit force to tie it down to individual bombardment missions. […] Pursuit or fighter airplanes operating from front line airdromes will rarely intercept modern bombers except accidentally. Such being the case, they can normally operate solely against other pursuits or observation and it is doubtful whether such operations justify their existance. [2]

Conseguentemente, nel maggio del 1939, il progetto di sviluppo di serbatoi sganciabili venne abbandonato, quando il Lt. Col. Arnold vietò l’uso di tali dispositivi su ogni velivolo ad uso militare. Ironicamente, fu proprio lui che, qualche anno più tardi, viste le cospicue perdite subite dalle formazioni di B-17 della Eighth Air Force qualora privi di caccia di scorta, mise come priorità assoluta della produzione aeronautica proprio quei jettisonable tanks che lui stesso aveva vietato [3].

Le esperienze maturate sia sul Pacifico che in Europa infatti, diedero prova di come dei velivoli di scorta che accompagnassero i bombardieri in ogni momento della missione fossero essenziali. Bisognava creare dei veri caccia a lungo raggio, e per farlo ciò che serviva erano i drop tanks.

Inizia lo sviluppo in massa

Un P-38 Lightning in volo, munito di due serbatoi autosigillanti da 150 galloni l'uno.

Un P-38 Lightning in volo, munito di due serbatoi auto-sigillanti da 150 galloni l’uno.

Durante il 1942, gli ingegneri statunitensi testarono la fabbricazione di serbatoi esterni con una vasta gamma di materiali, fra i quali alluminio, acciaio plasmato a freddo, terneplate, plastica, gomma, tela di cotone impermeabilizzata, compensato, fibre vulcanizzate, iuta e carta [4].

Una stupenda foto di un P-51D, munito dei drop tanks più usati dalla USAAF: i 75-gallon. Si tratta della copertina della rivista Flying, settembre 1945.

Una stupenda foto di un P-51D, munito dei drop tanks più usati dalla USAAF,i 75-gallon, sulla copertina della rivista Flying, settembre 1945.

La sperimentazione di queste ultime materie a basso costo venne attuata per preservare metalli, come acciaio e alluminio, destinati a produzioni di maggiore durata. Non è un caso che questi serbatoi si chiamino proprio drop tanks. Una volta svuotati, o in caso di contatto con il nemico, dovevano essere immediatamente sganciati. Sebbene utili nell’incremento del raggio d’azione infatti, questi dispositivi impattavano notevolmente sulla velocità di stallo e sulla manovrabilità dei velivoli, per non parlare del rischio di incendio. Un combattimento sostenuto con un drop tank ancora agganciato sarebbe stato probabilmente anche l’ultimo.

Ciononostante, in termini di prestazioni, i serbatoi metallici non avevano rivali. Furono proprio questi infatti i primi ad essere largamente utilizzati. Auto-sigillanti e quindi con uno scarso rischio di combustione, i primi modelli da 150 galloni completarono con successo i programmi di valutazione il 25 agosto 1942. [4]

Visto il grande successo e l’accettabile riduzione di manovrabilità dei velivoli, nuove tipologie di serbatoi sganciabili entrarono in produzione. Nello stesso anno, varie versioni fra 75 e 150 galloni iniziarono ad uscire dalle linee produttive.

Appaiono i primi serbatoi in carta

Tuttavia, l’industria bellica statunitense di drop tanks in metallo non poteva soddisfare le migliaia di unità richieste dalla Eighth Air Force.  Il lungo trasporto sino in Inghilterra e la ristretta disponibilità di leghe leggere costituivano problematiche considerevoli. Per questo motivo, la maggior parte della produzione venne affidata ad aziende inglesi, così da ridurre notevolmente i tempi di consegna.

Inoltre, per azzerare il bisogno di metalli, nel marzo del 1943 arrivarono in Inghilterra i primi serbatoi in carta pressata, della capienza di 200 galloni. Questi drop tank furono ideati per i caccia in servizio presso i quattro Fighter Groups allora presenti nella Eighth Air Force: i P-47 Thunderbolt. Tali velivoli, muniti di otto mitragliatrici calibro .50 in (12,7 mm) e spinti da un motore radiale Pratt & Whitney R-2800 Double Wasp da 2000 hp, non eccellevano in quanto a raggio d’azione. Questi bestioni da 8 tonnellate al decollo, consumavano, in combattimento, 100 galloni (380 litri) di carburante all’ora: oltre 6 litri al minuto! Sostanzialmente, non avrebbero mai potuto operare in Europa senza l’ausilio di serbatoi sganciabili.

Un Republic P-47 Thunderbolt, qui equipaggiato con un serbatoio sganciabile da 75 galloni.

Un Republic P-47 Thunderbolt, qui equipaggiato con un serbatoio sganciabile da 75 galloni.

I primi che ricevettero però, non ebbero l’effetto sperato. Soprannominati “bath tub” per la loro forma, non erano pressurizzati. Questo comportava l’inefficacia delle pompe di carburante oltre la quota di 20,000 ft. Con l’abbassamento della pressione atmosferica infatti, il sistema di sostentamento, operante alla pressione registrata a terra, non era più in grado di aspirare il carburante dal serbatoio esterno, che risultava quindi inutilizzabile.

Le parole del Generale Hunter, capo della Air Techical Section, VIII Fighter Command, riguardo ai serbatoi in carta da 200 galloni:

It is a composition tank which cannot be pressurized, and it therefore does not function satisfactorily above 20,000 feet. The present capacity of 200 gallons is too large because only approximately 100 to 125 gallons of gas are necessary for warm-up, take-off, climb to 30,000 feet, and reach to enemy territory. Experience in this war has demonstrated that belly tanks must be dropped before any engagements take place with enemy aircraft. The use of a 200-gallon tank to carry a lesser amount of gasoline is a waste of material and will adversely affect climbing performance due to added weight [5].

Inoltre, date le proprietà corrosive del carburante, questo serbatoio in carta avrebbe sviluppato notevoli perdite dopo alcune ore di utilizzo. Per questo motivo doveva essere riempito poco prima del decollo, e risultava essere un dispositivo inevitabilmente monouso.

Tali prestazioni erano intollerabili, ma i drop tank metallici non erano ancora sufficienti. Le industrie britanniche non avevano rispettato gli ordini di consegna richiesti dal VIII Fighter Command e tentarono di salvare la situazione proponendo dei serbatoi in carta pressata di maggiore qualità, da 108 galloni. Questi, tuttavia, dovevano essere ancora testati, e non sarebbero entrati in servizio fino al settembre del 1943 [6]. Per il momento, bisognava accontentarsi dei bath tub.

Schweinfurt-Regensburg 1943

Un Boeing B-17 flying fortress con il suo equipaggio. Questo bombardiere quadrimotore, fu il velivolo da bombardamento più utilizzato dalla USAAF nei cieli d'Europa.

Un Boeing B-17 flying fortress con il suo equipaggio. Questo bombardiere quadrimotore, fu il velivolo da bombardamento più utilizzato dalla USAAF nei cieli d’Europa.

Nell’agosto 1943, 315 bombardieri B-17 della 4th e 1st Bomb Wing, compirono una doppia missione di bombardamento sui complessi industriali dislocati presso le città di Schweinfurt e Regensburg, in Baviera. Si trattava di obiettivi di estrema importanza: rispettivamente una fabbrica di cuscinetti a sfera e un enorme complesso di produzione della Messerschmitt AG. Distruggerli avrebbe inferto un duro colpo alla macchina bellica tedesca.

Per questo motivo, le formazioni di bombardieri vennero munite di caccia di scorta, rappresentati da quattro Fighter Groups di P-47 Thunderbolt.  Questi velivoli, privi di serbatoi aggiuntivi, possedevano un raggio d’azione di circa 200 miglia (322 km). Con l’ausilio dei bath tub avrebbero avuto un extra di sole 75 miglia. Non sarebbero riusciti a difendere i bombardieri se non per un terzo del tragitto.

La 1st Bomb Wing nei cieli della Germania, al di sopra del complesso industriale di Schweinfurt il 17 agosto 1943.

La 1st Bomb Wing nei cieli della Baviera, al di sopra Schweinfurt, il 17 agosto 1943.

Alle 10:00 del 17 agosto, i B-17 sorvolano la costa francese. Cinque minuti dopo, vengono affiancati da due Fighter Groups di P-47, ma non sono da soli. Nello stesso momento, i caccia della Reichsluftverteidigung tedesca sopraggiungono alle spalle della terza combat wing di bombardieri, rimasta 15 miglia indietro per problemi di tempistica. Il combattimento prosegue fino al confine orientale del Belgio, sopra la cittadina di Eupen. Sono le 10:32 quando i P-47, a corto di carburante, compiono una virata per tornare indietro. I piloti guardano impotenti i B-17 cadere uno dopo l’altro.

Nei due attacchi, dei 315 bombardieri inviati, 60 non fecero ritorno, molti altri risultarono gravemente danneggiati [7]. Bisognava creare dei caccia di scorta a lungo raggio, e bisognava renderli utilizzabili il prima possibile.

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