Speed Spitfire: lo Spit più veloce di sempre…O quasi

di Alessandro Orseniga
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Lo Speed Spitfire. Lo Spit più veloce di sempre...O quasi. Un articolo alla scoperta della variante da corsa del mitico caccia britannico della seconda guerra mondiale.

11 Novembre 1938. Un rombo squarcia i cieli d’Inghilterra. Ma che cos’è? Un missile? Un razzo? Un fulmine? No, è lo Speed Spitfire!

Un record da battere

Nel periodo fra le due guerre mondiali l’industria aeronautica compì passi da gigante, non solo in termini ingegneristici, ma anche nell’immaginario collettivo, il volo divenne un fenomeno conosciuto e ammirato come mai prima. Grazie alla realizzazione di motori in grado di sviluppare sempre più cavalli e di strutture capaci di imbrigliarne la potenza, le velocità di volo dei nuovi velivoli continuavano ad aumentare. Allo stesso tempo, la pericolosità di intraprendere imprese a bordo degli apparecchi più avveneristici era decisamente, e sfortunatamente, spesso sottovalutata. Ma la novità dell’aeromobile era troppo affascinante per essere limitata già pochi anni dopo la sua nascita.

La conseguenza non poteva che essere una: l’uomo più veloce del mondo avrebbe dovuto guadagnarsi questo titolo a bordo di un aereo.

Gli albori degli aerei da corsa

Fu la Prime Guerra Mondiale a dare il battesimo del fuoco all’aeromobile. Tuttavia, all’epoca, la prerogativa di progettare e costruire apparecchi sempre più veloci era solo uno dei fattori da considerare per ottenere macchine strategicamente efficaci. Un aereo militare doveva sì essere veloce, ma era pensato anche per essere in grado di effettuare missioni di ricognizione, di attacco al suolo o di caccia aerea. Chiaramente, per soddisfare questi requisiti un velivolo doveva essere in grado di trasportare armamenti, strumentazione ottica, cineprese, osservatori, eccetera.

Fu solo nel dopoguerra che si diffusero in modo considerevole i circoli di volo sportivo, con le relative competizioni. È proprio questo l’ambito che stimolò la creazione dei primi aerei da corsa. Non si trattava di aerei con una grande autonomina, tantomeno in grado di trasportare un carico notevole: il loro scopo era semplicemente quello di essere gli apparecchi più veloci mai creati.

L’idea alla base dello Speed Spitfire affonda le sue radici proprio in una delle più note competizioni per aerei o, per essere più precisi, per idrovolanti dell’epoca: la Coppa Schneider.

La Coppa Schneider
Volantino pubblicitario italiano della nona edizione della Coppa Schneider, tenutasi a Venezia nel 1927.

Volantino pubblicitario italiano della nona edizione della Coppa Schneider, tenutasi a Venezia nel 1927. L’aereo raffigurato è il Macchi M-52, che in quell’anno verrà battuto dal Supermarine S.5.

Tenutasi per la prima volta il 16 aprile 1913 a Monaco, questa competizione sportiva accessibile ai soli idrovolanti divenne una delle più prestigiose gare di velocità aeronautiche durante gli anni venti e trenta. La gara si articolava lungo un percorso triangolare di 250, poi 380 km. Durante questa tratta, l’aereo doveva percorrere almeno 503 m in completo contatto con l’acqua ed entrare in contatto con essa non meno di due volte nell’arco di tutto il circuito. La coppa sarebbe stata assegnata alla nazione che avesse vinto tre edizioni consecutive della competizione.

Furono due le concorrenti che ottennero il maggior numero di vittorie durante le undici edizioni di questa gara. Con tre vittorie, l’Italia detiene il secondo posto, mentre la sua diretta concorrente, la Gran Bretagna, con ben cinque vittorie, tre delle quali consecutive, detiene il titolo di vincitrice assoluta della Coppa Schneider. Nell’arco degli anni, gli ingegneri italiani e inglesi si sforzarono di spingere i rispettivi apparecchi a limiti delle loro capacità tecniche, per non parlare del coraggio, o addirittura del pizzico di follia, dimostrati dai piloti che si misero ai comandi di questi portentosi velivoli.

Cartina della Coppa Schneider del 1931

 

Questa cartina illustrativa mostra il percorso da seguire durante lo svolgersi della Coppa Schneider. Nello specifico, è qui mostrato il canale di Solent, dove si tenne l'ultima edizione della gara.

Questa cartina illustrativa mostra il percorso da seguire durante lo svolgersi della Coppa Schneider. Nello specifico, è qui mostrato il canale di Solent, dove si tenne l’ultima edizione della gara.

 

Dopo la seconda vittoria (non consecutiva) del 1922, la sorte rimase avversa ai piloti britannici, che vennero battuti per due volte dagli statunitensi. Sia Inglesi che Italiani erano più che determinati ad evitare una terza e definitiva vittoria americana. Tuttavia, anche l’edizione del 1926 di Norfolk (Stati Uniti) si rivelò essere un fiasco da parte inglese: il monoplano Macchi M-39 dell’ingegner Mario Castoldi, nella sua livrea scarlatta e pilotato da Mario de Bernardi, porta all’Italia un’altra vittoria sfiorando i 397 km/h (246,5 mph).

Il Macchi M-39 nella sua livrea color rosso corsa, fotografato presso Norfolk nel 1926.

Il Macchi M-39 vincitore della Coppa Schneider del 1927, nella sua livrea color rosso corsa, fotografato presso Norfolk.

Dal Supermarine S.5 allo Spitfire
R.J. Mitchell, il padre del Supermarine Spitfire.

R.J. Mitchell, il padre del Supermarine Spitfire.

Nonostante lo smacco, gli ingegneri britannici non si diedero per vinti. Due uomini, che sarebbero diventati poi leggendari nel campo aeronautico, progettarono un nuovo idrovolante con linee nuove e audaci, munito di un motore da 1500 hp, che, nelle sue varianti, avrebbe decretato la vittoria indiscussa del Regno Unito per le successive tre ed ultime edizioni della Coppa Schneider. L’aereo era il Supermarine S.5 e i loro nomi sono Sir Henry Royce e Reginald Joseph Mitchell. Cosí, il 13 settembre 1933, il futuro Flight Leutenant George H. Stainforth sollevava i flutti delle coste di Lee-on-the-Solent, Hampshire, portando il Supermarine S.6B alla velocità piú alta mai raggiunta dall’uomo fino ad allora: 541,4 km/h (336,3 mph).

Reginald Mitchell in particolare, capo ingegnere presso la Supermarine Aviation Works Ltd., proprio dalle linee del Supermarine S.5 diede vita a quello che è considerato il caccia più iconico della storia: il Supermarine Spitfire. Questo talentuoso progettista si mise al lavoro su questo caccia a seguito della promulgazione da parte dell’Air Staff della Specification F.7/30, richiedente la progettazione di un caccia di scorta valido per la sostituzione del fallimentare Bristol Bulldog. I primi due prototipi di questo formidabile velivolo, il Type 224 e soprattutto il Type 300, eseguirono i primi voli di prova fra il 1934 e il 1936.

Il Supermarine S.6B. L'aereo che permise alla Gran Bretagna di vincere definitivamente la Coppa Schneider.

Il Supermarine S.6B. L’aereo che permise alla Gran Bretagna di vincere definitivamente la Coppa Schneider.

Sfortunatamente, Mitchell, già malato di cancro in quegli anni, si spense l’11 giugno 1937 all’età di 42 anni. Tuttavia, la sua migliore creazione era ormai pronta e, il maggio successivo, il primo di una lunga serie di caccia spiccò il volo: era lo Spitfire Mk. I K9787, ma questa, è un’altra storia.

Nuovi concorrenti, nuove sfide

Il Macchi M.C 72

Tuttavia, lo smacco della sconfitta alla Coppa Schneider non era stato accettato dai secondi arrivati: l’idrovolante piú veloce del mondo doveva essere italiano. Così, l’ingegner Mario Castoldi riprogettò interamente un nuovo idrocorsa ispirato al Macchi M-39, dando alla luce il Macchi M.C. 72. Con il suo motore Fiat AS.6 da 3100 CV, l’abitacolo claustrofobico e la visibilitá quasi nulla, solo la doppia elica controrotante dava qualche chance al pilota di mantenere in assetto questo indomabile velivolo.

Dopo un anno di voli di prova, spesso finiti tristemente in tragedia, il Macchi M.C. 72 divenne, e lo é tutt’ora, l’idrovolante a pistoni piú veloce al mondo. Il 23 ottobre 1934, nella sua fusoliera rosso corsa, il pilota collaudatore Francesco Agello, fendeva il Lago di Garda alla vertiginosa velocitá di 709,2 km/h (440,5 mph). Il record di velocitá era segnato, ma i due piloti che erano saliti a bordo del M.C 72 prima di quel giorno, Monti e Bellini, avevano perso la vita tentando l’impresa.

Museo Storico dell'Aeronautica Militare italiana at Vigna di Valle, on Lake Bracciano,

Il Macchi M.C. 72 allora e ora, restaurato ed esposto presso il Museo Storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle, sul lago di Bracciano. Si nota la doppia elica controrotante oltre al complesso sistema di raffreddamento a liquido, costituito da centinaia di serpentine disposte nei pannelli color ottone visibili sui galleggianti, sulle ali e dietro il mozzo dell’elica.

Lo Hughes H-1 Racer

Negli stessi mesi, oltreoceano, anche il filantropo e magnate dell’industria aeronautica e della cinematografia Howard Hughes aspirava a detenere il record mondiale di velocitá. Conosciuto per il suo spirito eccentrico e ambizioso, il ventisettenne imprenditore texano aveva fondato nel 1932 la sua azienda aeronautica personale: la Hughes Aircraft Company. I primi anni trenta furono per l’azienda un continuo sforzo nel tentativo di realizzare l’ereo piú veloce al mondo, culminato con la creazione dello Hughes H-1 Racer. Questo elegante aereo da corsa, con la sua liscissima fusoliera in alluminio assemblata con rivetti a testa piatta, carrello retrattile e un motore stellare Pratt & Whitney R-1535 da 1000 hp, era considerato l’avanguardia dell’epoca.

Un prodigio della tecnica

Lo stesso Hughes, il 13 settembre 1935, si mise ai comandi del suo formidabile aeromobile da corsa con il preciso intento di battere il record. L’H-1 era stato volutamente caricato con il minimo carburante necessario per effettuare 2 giri cronometrati, cosí da renderlo più leggero. Hughes prese il volo presso Martin Field, California, ma dopo il secondo passaggio al cronometro non si sentiva ancora soddisfatto. Effettuó un terzo e addirittura un quarto passaggio, stabilendo il record di velocitá mondiale per un aeromobile da corsa (non idrovolante): ben 567,12 km/h (354,4 mph).

Howard Hughes con il suo H-1 Racer, fotografato nel 1935.

Howard Hughes con il suo H-1 Racer, fotografato nel 1935.

Tuttavia questo quarto passaggio aveva consumato il carburante del Racer fino all’ultima goccia e Hughes, quando se ne accorse, era piuttosto distante dalla pista d’atterraggio. Tentó di mantenere l’aereo in assetto di volo fino all’ultimo, ma, troppo lento, fu costretto ad effettuare un atterraggio di fortuna in un campo di barbabietole nei dintorni di Santa Ana. L’H-1 si accasció violentemente al suolo, ma Hughes se la cavó piuttosto bene, con lievi ferite che guarirono in poco tempo.

Lo Hughes H-1 Racer, il cui primato sarebbe stato battuto dallo Speed Spitfire, se gli avvenimenti avessero preso un corso differente.

Lo Hughes H-1 Racer nella sua scintillante livrea blu argentea. Attualmente questo incredibile velivolo è conservato presso lo Smithsonian National Air and Space Museum di Washington. Nonostante il design estremamente promettente ed innovativo, questo velivolo non suscitò mai l’interesse dei vertici della USAAF, alla quale Hughes più volte sottopose il progetto.

Nasce lo Speed Spitfire

Gli Inglesi non rimasero certo ad osservare mentre il titolo dell’aereo più veloce del mondo veniva loro sottratto. Sebbene la potenza dello Spitfire Mk. I fosse ben al di sotto di quella sviluppata dall’M.C. 72 o dall’H-1 Racer, con opportune modifiche, sarebbe stato possibile ottenere un ottimo aereo da corsa partendo dallo Spit.

Il motore Rolls-Royce Merlin III.

Il motore Rolls-Royce Merlin III.

Lo sviluppo di uno Spitfire da corsa inizió nei primi mesi del 1937. Il primo ostacolo da superare era l’aumento di potenza necessario per raggiungere velocità competitive. La soluzione consistette nell’alimentare il motore Merlin III con una miscela di gasolio, metanolo, benzolo e piombo tetraetile. Il Merlin così alimentato riuscì a sviluppare ben 1536 hp a 2850 rpm. Le cose sembravano andare per il meglio, quando l’11 novembre arrivò dalla Germania una notizia a dir poco sconfortante: Hermann Wurster, a bordo di un Messerschmitt Bf 109 V-13 (D-IPKY), aveva raggiunto una velocità media di 610,95 km/h (379 mph), stracciando il record di Hughes.

Il Merlin III
Motore Merlin III dello Spitfire

Dei tecnici ispezionano il motore Merlin III versione “Sprint” dello Speed Spitfire.

Ciononostante, l’Air Ministry decise di dare comunque fiducia al progetto dello Speed Spitfire, finanziandolo. Per realizzare questo formidabile velivolo venne scelta la cellula codificata K9834, appartenente ad uno Spitfire Mk. I. Varie modifiche vennero apportate, fra le quali il montaggio di un radiatore dell’acqua di maggiori dimensioni, un cupolino dalla forma più aerodinamica, la rimozioni di tutti i sistemi radio e degli armamenti, oltre all’uso integrale di rivetti a testa piatta. Uno degli elementi caratteristici di questo aereo è inoltre l’elica quadripala in legno a passo fisso, in sostituzione di quella tripala a passo variabile.

Lo Speed Spitfire

Lo Speed Spitfire nella sua livrea blu. Da questa foto si notano diverse caratteristiche di questo velivolo. Il radiatore esteso che arriva fino al bordo d’uscita dell’ala destra, il numero 17 che spicca sulla fusoliera, la mancanza del ruotino di coda, per ridurre ulteriormente la resistenza aerodinamica oltre alla versione allungata del cupolino.

Vista frontale dello Speed Spitfire

Questa vista frontale dello Speed Spitfire permette di apprezzare la geometria dell’elica quadripala a passo fisso. L’angolo di calettamento è di pochi gradi, prossimo allo 0, per sviluppare la massima spinta ad ogni regime del motore.

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